Il Neoliberismo è ormai da tempo sul banco degli accusati. Proprio a questa corrente di pensiero viene infatti addebitata la crisi vissuta da molte delle economie più forti a livello globale.
In particolare è all’interno dell’Unione Europea che si ravvisano segni di una critica sempre più forte ad un modello economico il quale non solo non sembra in grado di fornire risposte alla crisi in atto, ma che anzi è considerato da molti alla base di essa. Andiamo quindi a vedere i motivi di questa critica.
Cos’è il Neoliberismo
Cos’è il Neoliberismo? Secondo Jonathan D. Ostry, Prakash Loungani e Davide Furceri, tre ricercatori del Fondo Monetario Internazionale, è una teoria economica la quale si fonda su due assiomi fondamentali:
- la competizione è sempre una cosa positiva e deve essere favorita per mezzo di deregolamentazioni e massima apertura al commercio internazionale;
- lo stato deve essere marginalizzato nell’economia, con un conseguente corollario fatto di privatizzazioni, taglio della spesa, riduzione di debito pubblico e deficit.
La critica al Neoliberismo
Come abbiamo già ricordato, il Neoliberismo è ormai da tempo sotto accusa. Il maggiore capo di imputazione è la sua incapacità di distribuire la ricchezza creata. La ritirata dello Stato da esso prefigurata, infatti, favorisce l’eccessiva concentrazione della stessa, ridisegnando la piramide sociale. La punta della stessa, quindi, continua a drenare risorse non solo dalle classi popolari, ormai scivolate nella vera e propria povertà, ma anche alla classe media, sottoposta ad una pressione tale da farla scivolare verso il basso.
Un trend favorito in particolare dalla deregulation di cui si fa portatore il Neoliberismo. Proprio la mancanza di regole rende il mercato un luogo in cui si formano rendite di posizione tali da permettere infine a chi le detiene di eliminare la concorrenza.
Il paradosso creato dalla pandemia
La cosa abbastanza paradossale, almeno in Italia, è che gli esegeti del Neoliberismo non perdono occasione per smentire le coordinate della loro teoria. Vogliono cioè meno Stato, ma poi ne chiedono l’intervento quando le proprie aziende entrano in crisi, per un motivo o per l’altro.
Situazione che si è verificata in particolare all’esplodere della pandemia di Covid-19. La quale ha messo in crisi un larghissimo numero di imprese, sino a far loro rischiare la chiusura. In questa occasione l’organizzazione che raggruppa il mondo imprenditoriale tricolore, Confindustria, non ha avuto alcun timore di rasentare il ridicolo, chiedendo il sostegno dello Stato, ma alle sue condizioni.
Sostegno in cambio del quale, infatti, nulla deve essere concesso al pubblico, come invece richiesto da larghi settori della sinistra. Naturalmente la richiesta dei nemici del Neoliberismo si è profilata sotto la forma delle odiate nazionalizzazioni, ormai da tempo avversate dai suoi sostenitori.
I disastri del Neoliberismo
C’è un momento antecedente alla pandemia, però, che è addirittura più importante agli occhi degli italiani, quando si critica il Neoliberismo. Si tratta del crollo del Ponte Morandi di Genova, con la morte di decine di persone e una serie di conseguenze pesantissime per una regione tagliata praticamente in due dal disastro.
Perché è così importante, quella vicenda? Perché le indagini successive della magistratura hanno messo in rilievo una situazione del resto già più volte denunciata. Quella di un servizio creato dallo Stato ceduto per cifre quasi irrisorie al privato e da questi gestito in maniera assolutamente imbarazzante. Mentre cioè la società concessionaria tosava gli utenti delle autostrade italiane, si spendevano risorse limitatissime per la manutenzione. Creando in tal modo le premesse per il disastro.
Nelle settimane successive al crollo del ponte, è così in pratica crollata ai minimi storici l’adesione degli italiani ad un sistema economico che ha dimostrato solo i suoi limiti. Senza evidenziare alcun beneficio vero per il Paese.
Keynes ha sconfitto Von Hayek?
I due personaggi simbolo di questa storia possono essere considerati Friedrich Von Hayek e John Maynard Keynes. Il primo contrario all’intervento statale nell’economia, il secondo favorevole.
Il loro duello è iniziato a cavallo della guerra e ha visto il secondo prevalere sino agli ultimi decenni del secolo passato. Nel corso del quale è stato possibile ricostruire un mondo praticamente distrutto dagli eventi bellici.
Il Neoliberismo ha invece caratterizzato i decenni a cavallo del terzo millennio. Che hanno visto il sempre più accelerato impoverimento di classi popolari e medie e l’accentramento della ricchezza prodotta in poche mani.
Tanto da spingere l’osservatore a porsi una domanda ben precisa: Keynes ha sconfitto Von Hayek? Una domanda che a questo punto sembra avere una risposta ben precisa. E positiva.
L’aria sta cambiando?
A dimostrare il trionfo di Keynes è proprio il corso degli eventi. Se l’Italia è in questo momento uno degli epicentri mondiali della lotta al Neoliberismo, pur in assenza di una sinistra realmente antagonista al sistema, anche in altre parti del globo soffia sempre più forte il vento di rivolta contro il Laissez Faire nell’economia.
Basti pensare ai gilet gialli che hanno infiammato per mesi le strade francesi. O al movimento Black Live Matters, in cui i temi razziali si mischiano in maniera sempre più evidente alla polemica contro le storture sociali rese possibili dalla mancanza di regole che, negli Stati Uniti, continuano ad essere equiparate al socialismo.
Quello che sembra sempre più sicuro è che il modello neoliberista dovrà essere messo da parte nei prossimi mesi, per non mettere in discussione il capitalismo. Soprattutto nel caso in cui il Covid dovesse continuare a mettere in crisi l’economia mondiale.