Come è purtroppo noto, in Italia molto spesso manca lavoro. E quando c’è, altrettanto frequentemente presenta minori garanzie rispetto a quello a tempo indeterminato. Una conseguenza delle tante riforme approvate nel nostro Paese nel nuovo millennio, quando si è puntato ad una trasformazione in grado di eliminare le troppe incrostazioni che caratterizzavano il mercato del lavoro nell’era del cosiddetto posto fisso.
Purtroppo, i provvedimenti presi dai governi che si sono succeduti in questo arco di tempo hanno spostato il baricentro sempre di più verso una diffusa insicurezza. Sono cioè state create una moltitudine di nuove forme lavorative le quali hanno infine provocato il diffondersi del precariato. Mentre sono state private di garanzie altre forme di lavoro che già per le loro caratteristiche differivano profondamente dal tempo indeterminato.
In questo discorso un ruolo del tutto particolare spetta a due precise categorie: il lavoro stagionale e quello atipico. Andiamo a vedere perché.
La particolarità del lavoro stagionale e atipico
Ci sono aziende le quali hanno picchi di produzione in particolari periodi dell’anno, mentre nel resto dello stesso vedono cadere le necessità in tal senso. Hanno quindi bisogno di personale a tempo, in modo da poter ottimizzare la produzione di merci e servizi e, soprattutto, la sostenibilità economica della forza lavoro.
Proprio a questo tipo di aziende viene quindi consentito di derogare dalle normative relative al lavoro a tempo indeterminato. In particolare ricorrendo al lavoro stagionale e a quello atipico. Con il preciso intento di favorire la loro ricerca di manodopera. Andiamo quindi a vedere le differenze esistenti tra le due categorie.
Cos’è il lavoro stagionale
Per lavoro stagionale si intende quel tipo di impiego che, sebbene temporaneo, non può essere identificato pienamente col lavoro a tempo determinato. Utilizzato soprattutto in ambiti come il turistico, l’alimentare o l’agricolo, le sue caratteristiche sono delineate dalla Legge numero 96 del 2018.
In particolare, l’assunzione con un regime di questo tipo prevede che:
- non venga indicata la causale;
- non sia necessario il rispetto del periodo di interruzione tra la fine di un contratto a tempo e la sottoscrizione di uno nuovo;
- il rapporto di lavoro possa durare più di 24 mesi complessivamente;
- non esistano vincoli in relazione alla percentuale di dipendenti a termine rispetto a quelli fissi.
Facendo riferimento a queste peculiarità, i lavoratori stagionali sono in pratica quelli previsti dal D.P.R. 1525/1963, o indicati dai contratti collettivi di lavoro.
Cos’è il lavoro atipico
Per lavoro atipico si intendono quelle forme di attività che vanno a collocarsi a metà strada tra il lavoro dipendente e quello autonomo. Altra caratteristica di questi lavoratori è la mancanza di stabilità nel rapporto di lavoro e di orario in cui esso viene prestato.
Va anche sottolineato come in realtà la categoria raggruppi figure molto diverse tra di loro, con un ventaglio di casistiche tale da rendere complicato anche riuscire a fornire un minimo di garanzie a chi ne faccia parte. Tra i contratti di lavoro atipici possono infatti rientrare i contratti di collaborazione, il lavoro accessorio tramite voucher, quello a chiamata o l’associazione di partecipazione.
I problemi posti dai lavoratori stagionali e atipici
I lavoratori atipici e quelli stagionali, rappresentano un grande problema per il mercato del lavoro italiano, rischiando di trasformarsi in una vera e propria bomba sociale. In entrambi i casi, infatti, la legislazione esistente non è in grado di fornire un minimo di stabilità e un quadro di garanzie adeguato.
Per i lavoratori atipici, ormai, il paradigma predominante è quello della precarietà. Un problema tale da riflettersi su altri aspetti fondamentali della loro vita e della società in genere. Chi non ha sicurezze lavorative, infatti, difficilmente può pensare di farsi una famiglia o acquistare una sua abitazione. Così come l’insicurezza è tale da tramutarsi in un danno per il ciclo economico. Chi non ha garanzie, infatti, limita drasticamente i suoi consumi.
Problemi che, del resto, sono evidenti anche nei lavoratori stagionali. Nel nostro Paese, infatti, chi svolge questo genere di attività è spesso sottopagato. Una realtà che è venuta nuovamente a galla nel corso dell’ultima stagione estiva, nel corso della quale è stato difficilissimo per molte aziende trovare lavoratori ad esempio negli stabilimenti balneari o nei campi. Una difficoltà dovuta proprio a livelli salariali troppo spesso inadeguati.
La mancanza di un welfare adeguato
Il discorso sul lavoro atipico e stagionale, deve essere necessariamente collegato a quello sul welfare. Che, in Italia, è assolutamente inadeguato, non riuscendo quindi a dare risposte esaurienti ai tre milioni di persone che non hanno contratti a tempo indeterminato (lo chiarisce Istat nel rapporto “Partecipazione al mercato del lavoro della popolazione residente” relativo al IV trimestre 2019). Un aspetto sul quale il potere politico dovrà intervenire nei prossimi anni, per non aggravare un problema sempre più avvertito.