Schema Ponzi: cos’è, come funziona e come evitare le truffe

Schema Ponzi: cos’è, come funziona e come evitare le truffe

Schema Ponzi

Le truffe sono all’ordine del giorno, nel mondo della finanza. Basta dare un’occhiata ai media per trovare notizie relative a raggiri messi in atto a danno di persone che, ancora una volta, hanno deciso di contravvenire ad un principio di prudenza che sembra non in grado di resistere di fronte alle sirene del guadagno facile.

In questo momento è il settore delle criptovalute ad essere il campo privilegiato per chi sia intenzionato a mettere nel sacco un gran numero di incauti investitori.

Le monete virtuali rappresentano l’ultima tendenza in fatto di lauti guadagni e suscitano una notevole mole di discussioni. Il tutto si riflette in un grande interesse da parte di molte persone, tra cui anche i truffatori.

Proprio al settore delle criptovalute fa così riferimento l’ultima truffa messa in grande stile che ha coinvolto un gran numero di risparmiatori che pensavano di fare un grande affare.

Si tratta di OneCoin, progetto presentato alla stregua di una moneta digitale, dietro il quale si nascondeva invece l’ennesimo schema Ponzi. Un modus operandi che sembra non tramontare mai.

Cos’è lo schema Ponzi

Con il termine di schema Ponzi si indica quel modello economico di vendita ideato da Charles Ponzi all’inizio del passato secolo. Un modello il quale  fa balenare agli occhi degli incauti investitori forti guadagni legati al coinvolgimento di persone che intendano arricchire a loro volta.

Tutti quanti, naturalmente, sono destinati ad entrare nel novero delle vittime della truffa. Prima o poi, infatti, finiscono di affluire nuovi capitali e lo schema si rivela per la semplice truffa che è.

La storia dello schema Ponzi

Come abbiamo già ricordato, lo schema Ponzi è diventato sinonimo di truffa all’inizio del passato secolo, quando il ravennate Carlo Ponzi mise piede sul suolo statunitense. Abituato a vivere di mezzucci, presto si ritrovò a scontare una pena detentiva per l’emissione di un assegno falso.

Fu proprio in carcere che individuò il modo migliore per mettere in atto una truffa di grandi proporzioni. All’epoca, infatti, era prassi comune che le lettere per l’estero includessero un “buono” per l’acquisto di un francobollo a corredo della risposta. Buoni che avevano un costo diverso in ciascun Paese, ma il cui controvalore in francobolli era lo stesso in qualsiasi luogo.

Le fluttuazioni dei tassi di cambio e postali furono quindi individuate da Ponzi come il modo migliore di lucrare sui coupon per francobolli, destinati ad aumentare di valore nell’arco di poche settimane. Grazie alla sua rete di contatti  in Italia, si dedicò quindi al rastrellamento di quelli inviati dagli emigranti ai loro parenti, con il preciso disegno di rivenderli sul mercato americano.

I primi guadagni ottenuti in tal modo, spinsero Ponzi ad aprire una società incoraggiando amici e colleghi a scommettere su uno schema che prometteva rendimenti sugli investimenti del 50% in appena 3 mesi.

Una sirena irresistibile che calamitò letteralmente consensi, tanto che nell’arco di un biennio la rete creata in tal modo era ramificata in tutti gli Stati Uniti. Un successo testimoniato dalle centinaia di migliaia di dollari che nel 1920 Ponzi aveva accumulato sul suo conto.

La scoperta della truffa

Il problema consisteva nel fatto che il suo business era letteralmente inesistente: i rendimenti promessi servivano solo ad attrarre nuove vittime, facendo fluire nelle casse di Ponzi sempre nuovi capitali.

A capire tutto fu Clarence Barron, editore del Wall Street Journal, cui bastò calcolare il numero di coupon che sarebbero serviti per pagare i rendimenti promessi, ovvero 160 milioni. Il problema stava nel fatto che in tutto il mondo quelli in effettiva circolazione ammontavano a soli 27mila.

A questa prima scoperta se ne aggiunse poi una seconda: Ponzi, invece di investire i suoi soldi nel suo commercio, aveva infatti acquisito proprietà immobiliari, azioni e obbligazioni tradizionali. Inspiegabile alla luce di quello che prometteva.

Nonostante i fatti nudi e crudi, Barron non fu però ascoltato e ancora molte persone continuarono ad investire nello schema piramidale di Ponzi.

Fu necessaria un’ispezione negli uffici della società per svelare la realtà: Charles Ponzi non era in possesso dei coupon millantati. Accusato di ben 86 reati, tra cui la frode, fu condannato a scontare alcuni anni di carcere negli Stati Uniti, per poi tornare in Italia, ove provò a riproporre la truffa, stavolta senza successo.

Tanti eredi, Madoff in primis

Ponzi morì in povertà nel 1949, ma il suo schema gli è sopravvissuto, facendo da base per una serie infinita di truffe. Perché la sua forza di attrazione consiste proprio nella credulità popolare.

Una tendenza che negli Stati Uniti continua a essere molto presente, se si pensa che nel 2008, a quasi un secolo di distanza dall’epopea di Ponzi, Bernie Madoff riuscì a calamitare addirittura 65 miliardi di dollari, riproponendo mirabolanti guadagni ai tanti sprovveduti pronti a credergli. In questo caso lo specchietto per le allodole era il 10% di rendimento fisso fatto balenare a chi si accodava.

Il guadagno facile e sicuro non esiste

Per evitare lo schema Ponzi, basterebbe in fondo un minimo di buon senso. Il guadagno facile e sicuro non esiste, neanche nel settore della finanza.

Le mirabolanti proposte che arrivano ogni giorno nella nostra casella di posta elettronica, promettendo migliaia di euro di guadagno senza fare assolutamente nulla, sono in pratica congegnate per far abboccare gli ingenui.

Si tratti di trading online, di criptovalute o di qualsiasi asset finanziario, per guadagnare è necessario avere competenze di economia non indifferenti. Occorre cioè essere in grado di individuare reali opportunità di guadagno e approntare strategie tese a mettere in sicurezza i propri soldi. Chi abbocca a proposte indecenti è semplicemente destinato a restare vittima dell’ennesimo schema Ponzi.

 

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