Ormai da tempo si discute sulla possibilità di una adozione di massa delle criptovalute. Un tema molto sentito dalla comunità crittografica, proprio per la visione ideologica che sin dall’inizio ha distinto il settore.
Le istanze di democratizzazione del mondo finanziario e bancario sono in effetti sin dall’inizio state poste alla base di un movimento molto variegato e spesso attraversato da conflitti più o meno estesi. Tanto da preconizzare una vera e propria rivoluzione tesa ad includere miliardi di persone che, ad oggi, sono escluse dalla possibilità di avere strumenti con cui gestire le proprie risorse.
Proprio per questo motivo ormai da tempo i criptofans (e anche gli avversari del denaro digitale) scrutano l’orizzonte cercando di capire se tale evento sia prossimo a verificarsi.
La pandemia ha accelerato il processo
Nella discussione in atto, va sottolineato come si sia introdotta la nuova situazione creata dalla pandemia di Covid-19 in atto. Le nuove necessità sanitarie indotte dal diffondersi del virus, infatti, hanno spinto molte persone ad interrogarsi su questioni estremamente complesse. A partire dalla possibilità che anche il denaro contante possa trasformarsi in un veicolo di contagio.
Di fronte alle risposte provenienti dal mondo scientifico, tese ad accreditare tale ipotesi, non solo i cittadini, ma anche la politica ha iniziato a chiedersi se proprio le criptovalute possano essere una possibile risposta alla domanda di sicurezza proveniente dalla società.
Una discussione che si è tradotta in una attenzione sempre più forte delle istituzioni. Come dimostra il particolare accento posto sulla necessità di ricorrere al denaro virtuale all’interno del documento presentato dai democratici USA in risposta al piano di aiuti economici predisposto dall’amministrazione Trump.
A che punto siamo?
Per capire a che punto siamo, per una possibile adozione di massa delle criptovalute, la cosa migliore da fare è consultare i documenti predisposti dalle società del settore. A partire dal report “State of Crypto 2019” di Blockchain Capital, il quale ha dedicato un intero capitolo all’adozione di massa di Bitcoin e delle criptovalute in genere.
Dal quale risulta come gli asset digitali incontrino un favore sempre più esteso. Non tale, però, da lasciare immaginare un esito favorevole nell’immediato futuro. Ponendo anzi in epoca successiva al 2030 il conseguimento dell’obiettivo prefisso. Anche se il processo in atto potrebbe subire una notevole accelerazione, per effetto di un interesse sempre più forte nei confronti del denaro digitale da parte di Millennial e appartenenti alla Generazione Z.
A rivelarlo è stato di recente un sondaggio condotto da The Harris Pol condotto online negli Stati Uniti. Dal quale sarebbe emerso come queste persone già oggi preferiscano investire in criptovalute piuttosto che in obbligazioni. Una tendenza destinata a rafforzarsi nell’immediato futuro.
Il crescente interesse degli investitori istituzionali
Altro fattore che potrebbe accelerare il processo in atto è rappresentato dal crescente interesse degli investitori istituzionali. Sono infatti sempre di più i fondi di investimento che decidono di inglobare Bitcoin e altri progetti crittografici all’interno del proprio portafogli.
Una tendenza che ha avuto il suo apice proprio nel corso dell’ultima estate, quando è stato svelato il forte interesse di Paul Tudor Jones in tal senso. Si tratta infatti del fondatore di uno dei maggiori fondi di investimento a livello globale, Tudor Investment Corporation. Un orientamento, il suo, il quale potrebbe spingere presto molti altri fondi analoghi a prestare maggiore attenzione a quello che si sta profilando alla stregua di un bene rifugio.
Bitcoin come bene rifugio?
Dopo l’esplosione della pandemia, si è registrato in effetti un interesse sempre più marcato verso il Bitcoin. Favorito non solo dalla situazione sanitaria, ma anche dall’interesse dei mezzi di stampa nei confronti di un evento altamente simbolico come quello rappresentato dall’halving. Si tratta in pratica del momento in cui conseguita l’estrazione di un determinato numero di blocchi, la ricompensa spettante ai miners per aver prestato l’attività di calcolo si dimezza.
Nel periodo successivo all’evento, verificatosi l’11 maggio, BTC ha mostrato una notevole stabilità di prezzo. Smentendo in tal modo la supposta volatilità che aveva sempre tenuto alla larga gli investitori che non amano il rischio. Una stabilità che ha spinto molti analisti ad etichettare la regina delle criptovalute alla stregua di un bene rifugio o, addirittura, come oro digitale.
L’inflazione spingerà l’adozione di massa delle criptovalute?
Un altro fattore che potrebbe spingere verso l’adozione di massa del denaro digitale è poi rappresentato dall’inflazione. Basti vedere al proposito quanto sta accadendo in alcuni Paesi dell’America Latina, a partire da Venezuela e Argentina. Dove i livelli inflattivi troppo alti spingono masse sempre crescenti di lavoratori e pensionati a scambiare bolivar e pesos per Bitcoin o altri token che vanno per la maggiore. In tal modo è possibile aggirare la caduta di potere d’acquisto che grava sul denaro fiat.
Anche se sull’altro piatto della bilancia occorre mettere il rischio rappresentato dalla volatilità che è tipica degli asset digitali. Un rischio comunque considerato più accettabile di quello gravante sul denaro tradizionale.
Lo stesso ragionamento fatto dai cittadini di tutti quei Paesi in cui l’inflazione raggiunge livelli tali da mettere in pericolo la capacità reddituale di chi ha uno stipendio fisso o una pensione. Il quale sembra il viatico migliore per una crescita sempre più pronunciata delle criptovalute nella vita di ogni giorno.