Soldi gratis: rappresentano un rischio?

Soldi gratis: rappresentano un rischio?

Lockdown USA

La pandemia di Covid-19 ha letteralmente rivoluzionato gli scenari economici. Se prima del suo avvento si discuteva ancora se allentare o meno i criteri di rigidità sulla spesa pubblica che hanno distinto l’ultimo decennio, ora il problema non è più da ravvisare nel “se” farlo, bensì nel “quanto” occorre farlo.

Il vero e proprio crollo dei consumi generato dal lockdown, infatti, ha reso necessario un intervento di vastissima portata da parte dei Paesi più esposti al virus. Con una vera e propria inondazione di liquidità promossa dalle banche centrali, a partire dalla Federal Reserve.

Un trend destinato a lasciare tracce profondissime, tanto da spingere gli analisti a porsi una domanda: si tornerà a quella che era considerata la normalità?

La risposta dell’Economist

Una domanda che si è posto in particolare l’Economist. Dandosi una risposta che sembra non ammettere repliche: no. L’analisi del giornale parte da un esame di quanto sta accadendo, paragonandolo ad altre svolte storiche di simile portata. Ad esempio lo shock petrolifero che introdusse l’economia globale nel monetarismo, ovvero alla dottrina che lega l’inflazione alla quantità di denaro presente sul mercato.

Una svolta di analoga portata è quella cui stiamo assistendo. Nella quale si possono ravvisare quattro filoni di fondo:

  1. l’ampliamento a dismisura dei prestiti garantiti dai vari governi;
  2. l’emissione massiccia di denaro e la sua immissione in un circuito economico altrimenti ingolfato;
  3. il rinnovato ruolo dello Stato in qualità di redistributore del capitale;
  4. la persistenza della bassa inflazione, ad onta della massiccia emissione di denaro.

Proprio il quarto punto è meritevole di particolare attenzione, per i rischi che esso può generare con il trascorrere del tempo.

Lo Stato è destinato ad avere un ruolo sempre più forte

Nella nuova situazione, un ruolo sempre più forte spetterà allo Stato. L’ironia di questo ritorno in grande stile dell’intervento pubblico nell’economia è da ravvisare nel fatto che ad invocarlo sono proprio coloro che per decenni avevano fatto dell’antistatalismo la propria bandiera.

Naturalmente nella loro fervida immaginazione, i liberisti pensano allo Stato come una vacca da mungere e nulla di più. I banchetti, però, difficilmente possono essere a costo zero. Una vecchia massima che non può certo venire meno all’improvviso. Come ha capito Franco Debenedetti.

Il ritorno del socialismo

Qualche anno fa sembrava che il socialismo fosse stato definitivamente sconfitto dal capitalismo. Resistevano forti sacche in tal senso, soprattutto in Cina, ma i liberisti non nascondevano la loro soddisfazione, spingendosi a proclamare la fine della competizione tra i due sistemi.

Se non era bastata l’esplosione della crisi globale innescata dai mutui Subprime, nel 2008, il Covid-19 si è assunto il compito di rimescolare le carte. Con i governi costretti ad interventi massicci sull’economia, per evitare un crac epocale.

Un intervento il quale, però, ha fatto rientrare dalla finestra ciò che si pensava uscito dalla porta: il socialismo. Come ha affermato Franco Debenedetti nel corso di una intervista rilasciata pochi giorni fa a Andrea Montanari, di Milano Finanza. In cui ha contestato l’intervento di Cdp in Autostrade e, forse, Borsa Italiana. Proprio il secondo intervento, secondo l’ex senatore del Partito Democratico, manderebbe un messaggio distorto ai mercati: l’Italia è una economia socialista.

La tesi dell’Economist

Al di là dei timori di Debenedetti, va sottolineata una questione più seria, posta proprio dall’Economist. Il potere imprenditoriale lasciato allo Stato, lascia margini di discrezionalità ai politici. I quali potrebbero decidere chi è meritevole di aiuto e chi no.

Si tratta però di una tesi la quale sembra non tenere conto del fatto che in molti Paesi è stato il sistema bancario a portare avanti politiche clientelari nel corso degli ultimi decenni. Ad esempio dando fiducia a grandi aziende decotte a discapito di tante piccole realtà che non sono riuscite a trovare ascolto nella loro richiesta di finanziamenti, soprattutto nel corso della crisi economica susseguente al 2008. Anzi, proprio lo Stato potrebbe evitare una politica di favoritismi erigendo un sistema normativo in grado di aiutare chi merita, e non chi può sfruttare la sua rete di conoscenze.

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