Sempre più spesso, nel corso degli ultimi mesi, ha iniziato ad affacciarsi alla scena crittografica il termine Staking. Si tratta in pratica del processo che consente la ricezione delle entrate passive da criptovalute tramite l’algoritmo di consenso PoS, acronimo di Proof of Stake, e delle sue variazioni.
Se ne è parlato molto soprattutto perché proprio l’adozione dello Staking rappresenta il fulcro della rivoluzione in atto all’interno di Ethereum. Ovvero di quella che sin dalla sua nascita si è configurata come la vera alternativa al Bitcoin. Proprio per questo è necessario cercare di capire bene cosa sia lo Staking e le sue reali implicazioni.
Cos’è lo Staking
L’essenza del processo di Staking deve essere individuato nel mantenimento delle monete virtuali nel proprio wallet con il preciso fine di ottenere il diritto di partecipare al mining di una determinata criptovaluta e ricevere per tale via una ricompensa.
Un processo che avviene in quelle blockchain che hanno adottato il meccanismo di consenso Proof of Stake, tra cui le più note sono quelle di Cardano (ADA), Tron (TRX), NEO, Komodo (KMD), NEM (XEM), Lisk (LSK), Qtum (QTUM), OmiseGO (OMG) e Cosmos (ATOM).
Un gruppo già abbastanza folto, il quale vedrà nell’immediato futuro l’aggiunta di Ethereum. Un arrivo che viene già indicato da molti alla stregua di una vera e propria rivoluzione, la quale potrebbe scuotere sin nelle fondamenta il settore delle criptovalute.
Cos’è il Proof of Stake?
Proof-of-Stake (prova di proprietà, tradotto in italiano) è un meccanismo di consenso implementato per la prima volta nel 2012 nella criptovaluta PPCoin (attualmente PeerCoin), ad opera di Sunny King e Scott Nadal.
L’idea che ha ispirato il lancio dell’algoritmo è che gli utenti possono bloccare i token nei loro portafogli digitali. Di modo che ad intervalli particolari determinati dalla blockchain, il protocollo assegnerà a uno di loro, in maniera del tutto casuale, il diritto di convalidare il blocco e ricevere di conseguenza una quantità di denaro elettronico che ne costituirà il profitto.
La probabilità di essere scelti per dare vita all’operazione è quindi proporzionale alla quantità di monete possedute. Come si può facilmente immaginare, un meccanismo di questo genere spinge gli utenti a conservare le proprie monete, più che a commerciarle. Inoltre consente di ottenere una maggiore efficienza energetica mantenendo al contempo un elevato grado di decentralizzazione
La differenza con il Proof of Work
La differenza tra Proof of Stake e Proof o Work è abbastanza netta. Nel secondo caso, infatti, il meccnismo permette di raccogliere le transazioni in blocchi, i quali saranno poi collegati tra di loro al fine di creare la blockchain.
In questo caso i partecipanti alla rete, detti miner, competono per risolvere un complesso enigma matematico, con la compensa spettante al primo a riuscirci, il quale otterrà il diritto di aggiungere il prossimo blocco alla blockchain.
Una differenza notevole, semplificata al massimo dalla denominazione dei partecipanti ai due meccanismi. Se quelli del Proof of Work sono miner, minatori, per il Proof of Stake si chiamano forger, ovvero fabbri.
Come si diventa forger
Per poter diventare un “forger“, l’utente deve possedere sul proprio wallet una determinata quantità di monete stabilita dalla blockchain. La sua remunerazione è però limitata alla commissione per lo svolgimento delle transazioni, con l’ammontare del reddito determinato dall’indicatore dell’età della moneta, per ottenere il quale occorre moltiplicare il numero totale di monete per la durata della loro conservazione nel wallet. Mentre i minatori vengono premiati anche per l’estrazione del blocco.
Una differenza di non poco conto, considerato come il forging non presuppone l’impiego di attrezzature potenti e, ovviamente, costose. Basta infatti un personal computer o un laptop per farlo. I pool che si vengono a formare in questo quadro, derivano dalla necessità di avere una notevole massa monetaria per poter avere buone possibilità di essere scelti ai fini della validazione del blocco.
Il Cold Staking
La conservazione di monete virtuali per poter partecipare allo Staking può essere condotta anche su wallet non connessi alla rete. Una modalità che riduce i rischi di sottrazione dei token da parte dei pirati informatici. In questo caso si parla di Cold Staking.
Particolarmente utilizzato dai possessori di grandi quantitativi di denaro elettronico, i quali intendano sostenere il network di cui fanno parte. Naturalmente se le monete vengono spostate si perde il diritto a partecipare al sistema delle ricompense.